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Disagio Giovanile

importante riconoscerlo presto


Non è facile definire il “disagio giovanile

Non è una malattia perché il ventaglio di manifestazioni con cui si evidenzia è troppo ampio e variegato;

Non ha le caratteristiche di una specifica patologia perché non ha una causa univoca ma è il frutto di numerose concause;

Non è soltanto un problema sociale, anche se alla sua nascita ed alla sua evoluzione concorrono molte cause sociali;

Si chiama “disagio giovanile” in quanto le sue manifestazioni più eclatanti si evidenziano nell’età giovanile, ma spesso è già presente, anche se misconosciuto, nell’infanzia.

Gli adolescenti a volte mandano segnali che vengono scambiati per disagio fisiologico ed evolutivo, tipico di questa età e che invece sono la spia di veri e propri disturbi neuropsichiatrici.

Bisogna riconoscerli per poter intervenire precocemente ed i pediatri hanno un ruolo strategico. Parlare di salute mentale in adolescenza significa occuparsi di ragazzi invisibili, poco intercettati e particolarmente vulnerabili.

La letteratura ad esempio, mostra come solo il 50% degli adolescenti con “depressione” riceve una diagnosi prima dell’età adulta, 2 su 3 giovani con depressione non vengono identificati rimanendo privi di cura o trattamento specifico.

Le manifestazioni del disagio giovanile assumono spesso un aspetto molto variegato.

Questi giovani presentano spesso hanno un profitto scolastico scadente senza che vi sia un ritardo intellettivo od altre cause evidenti o si trovano in una situazione di “fuori corso” per un numero considerevole di anni;

- Possono presentare condotte asociali, non dovute alla presenza di un contesto sociale degradato

- Fenomeni autodistruttivi, mediante bravate pericolosissime

- Uso di sport estremi

- Disturbi del comportamento alimentare con anoressia o bulimia

- Comportamenti abnormi: fughe, randagismo, sciatteria, aggressività senza alcuna evidente motivazione

- Frequenti fenomeni di sballo, mediante l’abuso di alcool o l’uso di droghe

C’è spesso un’incapacità nel distinguere il normale dal patologico: a volte i genitori accentuano la patologia, altre volte sminuiscono di molto i problemi. Nel secondo caso i genitori non riescono ad accettare e ammettere la patologia presente.

Non è possibile un’azione educativa senza che vi siano delle tensioni, senza che vi sia un minimo di contrasto e quindi di sofferenza per i figli e per i genitori. Queste bisogna affrontarle serenamente, da adulti responsabili, senza lasciar trasformare il proprio ruolo di genitore in un ruolo filiale o amicale, ma soprattutto senza rompere l’unità della coppia, indispensabile alla vita familiare.

Bisogna abituarsi a rispettare i sentimenti e i giusti desideri di autonomia di un giovane, ma rimanere fermi ed intransigenti su alcuni dannosi comportamenti. Quando un’azione è inaccettabile, il ragazzo va ripreso e messo davanti alle sue responsabilità.”

C’è il rischio che il genitore, ricordando la sua sofferenza durante l’adolescenza, leghi questa sofferenza all’atteggiamento dei propri genitori e quindi tenda ad avere nei confronti dei figli un comportamento totalmente diverso.

Come dire: “Io nell’adolescenza ho sofferto, i miei figli non voglio che soffrano.”

Non è certamente facile il dialogo con i figli adolescenti e ciò per vari motivi: • spesso il linguaggio è ridotto a pochi monosillabi: “Sì”, “No”, “Forse” “Non so.”

In altri casi il dialogo è soprattutto fatto di richieste sempre più numerose e pressanti cui è difficile dire sempre di sì; d’altra parte i “no” determinano, bronci.

I figli vivono e scoprono il presente, i genitori portano oltre all’esperienza del presente anche quella del passato e devono essere attenti al futuro.

I figli cercano di soddisfare i loro bisogni di affetto, sessualità, piacere, comunione e avventura con i coetanei, in un cocktail confuso.

I genitori hanno il compito di mettere ordine in questi loro bisogni, in modo tale che il soddisfarli sia di utilità e non di danno, porti ad una crescita e non ad una regressione, porti alla vita e non alla morte, porti alla gioia e non a dolore, porti al futuro e non li imprigioni nel presente;

Pertanto deve essere più intenso ma diverso il dialogo, tenendo presente la realtà psicologica in cui gli adolescenti vivono.

Per tale motivo è giusto ascoltare con pazienza ed apertura ma continuando ad educare e a guidare, continuando a prospettare obiettivi e mete chiare. Continuando ad assumersi tutte le responsabilità necessarie nel dire di “no”, quando occorre, nel dare dei limiti, delle norme e anche delle punizioni, quando servono.

Ogni genitore dovrebbe profondamente rispettare e amare i figli, ma deve anche, serenamente, riuscire ad analizzare i problemi ed i veri bisogni di quest’ultimo in modo tale da essere guida sicura, autorevole e stabile in ogni situazione.

Gli adolescenti con disagio e le loro famiglie devono uscire dalla loro solitudine e venire supportati e valorizzati.

Spesso si riscontra la carenza di servizi e strutture dedicati e di personale con esperienza specifica, ma soprattutto emerge la solitudine delle famiglie con adolescenti con disagio


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