La gravidanza, il parto ed il puerperio rappresentano fattori di alto rischio per l’insorgenza di disturbi affettivi, sono infatti momenti in cui le donne subiscono cambiamenti fisici e psichici, diventano più vulnerabili e devono adattarsi a nuove situazioni.
La depressione post-partum è un fenomeno più comune di quanto si possa pensare, non si dispone di dati epidemiologici italiani aggiornati sul fenomeno ma si stima che nel nostro Paese siano oltre 90.000 le donne che soffrono di disturbi depressivi e ansia nel periodo perinatale, circa il 16% delle donne nel periodo della maternità, con percentuali dal 10-16% al 14-23% in gravidanza e dal 20-40% nel post-partum.
La maggioranza delle neo-mamme mostra sintomi lievi e passeggeri di questa forma fisiologica di depressione (Maternity Blues) già nei primi giorni dopo il parto: tali segnali possono scomparire spontaneamente dopo 7-10 giorni, ma non vanno sottovalutati, in quanto potrebbero sfociare in veri e propri episodi depressivi.
Nonostante i disturbi dell’umore in questo particolare periodo della vita della donna, siano molto più frequenti di altri problemi clinici medici (diabete gestazionale, gestosi, rischio di parto prematuro) spesso non vengono ben valutati e presi nella giusta considerazione neppure dai medici o dai familiari della donna.
E’ invece di fondamentale importanza riconoscere i segnali di difficoltà, individuare i possibili fattori di rischio e supportare le neo-mamme in questa fase.
I sintomi più frequentemente percepiti sono forti sbalzi d’umore, tristezza, irrequietezza, labilità emotiva con crisi di pianto e difficoltà a concentrarsi con ripercussioni sulla relazione madre-bambino e sui comportamenti di accudimento.
La causa primaria è di natura fisiologica e deriva da una modificazione, anche improvvisa, dei livelli ormonali di progesterone ed estrogeno, subito dopo il parto, con effetti subìti sia a livello fisico che emotivo; lo stress psicofisico vissuto dopo il parto, specialmente in caso di parto cesareo, il senso di inadeguatezza o insicurezza nelle proprie competenze genitoriale, spesso inducono la donna ad uno stato di stallo e forte difficoltà.
La depressione post-partum può colpire anche il neo-papà, ma i tentativi di studiare la condizione psicologica dell’uomo nel periodo iniziale di paternità sono rari e poco rappresentati in letteratura.
La depressione paterna peri-natale è solitamente caratterizzata da irascibilità o calo dell’umore, insonnia o perdita di interesse per attività che prima ne suscitavano, oppure da alterazioni comportamentali: come aumentata attività fisica o sessuale, relazioni extra-coniugali.
Spesso la presenza di un basso livello di soddisfazione di coppia, connessi a stress neonatali (parto prematuro, patologie neonatali del bambino) possono rappresentare dei fattori predisponenti. Il vissuto malinconico e depresso ha base in un senso di esclusione dal forte legame tra madre e bambino e la crescita di sensazioni legate all’aumento di responsabilità, paura di sbagliare, ecc.
E’ sempre importante coinvolgere la figura paterna in ogni istante della crescita del bambino, trasmettendogli le sensazioni vissute dalla donna in gravidanza e durante il parto; si possono ridurre, in questo modo, le angosce e le ansie di entrambi i genitori, con sostegno reciproco.
La “depressione perinatale” materna, ma come abbiamo detto anche del padre, può avere delle conseguenze sul bambino, sia direttamente nel periodo di contatto del bambino con la mamma depressa, sia indirettamente negli anni successivi di crescita.
Vari studi mettono in rapporto depressione e relativa alterazione dell’ accudimento del piccolo ed il presentarsi di patologie, come per es. le coliche addominali, o addirittura il manifestarsi di malattie cutanee come dermatiti o eczema o forme di asma.
Cosa fare?
Il supporto e l’aiuto dei cari, accanto ad una buona formazione della madre rispetto alle azioni di base per le cure del figlio, possono essere di grande aiuto; anche il confrontarsi con altre madri, conoscenze che possono accadere per es durante i “corsi al parto” strutturati spesso dalle aziende sanitarie, può contribuire nel ridurre l’ansia e le preoccupazioni e non da ultimo essenziale supportare la relazione madre-bambino anche attraverso il sostegno all’allattamento materno.
Il partner dovrebbe accogliere le difficoltà e sostenere la madre sia dal punto di vista pratico che emotivo, rafforzando le competenze materne.
In caso di non risoluzione del disagio è bene consultare uno specialista al fine di prevenire o intervenire tempestivamente: le principali linee guida per il trattamento della depressione indicano come intervento di prima scelta terapie di tipo psicologico.
Vi sono anche varie piante e quindi l’utilizzo di fitoterapici che possono venire in aiuto, nei primi stadi di turbe dell’umore o ansia lieve o insonnia, solitamente si possono assumere sia in gravidanza che in allattamento, naturalmente sempre meglio dietro consiglio di un medico esperto in fitoterapia.
Per es. la Passiflora, Escolzia e la Valeriana possono essere utilizzate per una azione rilassante e sedativa, anche associate tra loro. Il vantaggio nell’uso dei vari rimedi naturali è quello di ottenere risultati senza effetti collaterali quali sedazione, dipendenza o “effetto rebound” di astinenza alla sospensione dell’assunzione del fitoterapico.
Esistono poi delle cure a base di farmaco omeopatico, ci sono numerosi studi sulla cura della depressione con farmaci omeopatici, utilizzati sia nelle forme iniziali/lievi, ma anche in sinergia con psico-farmaci, magari nelle fasi di dissuefazione dalla terapia chimica.
Per scegliere il farmaco omeopatico giusto, bisogna comprendere bene la storia della depressione in atto, eseguire una dettagliata anamnesi e raccolta precisa dei sintomi, per cercare di riconoscere la causa del problema; pertanto la prescrizione di un rimedio omeopatico deve essere eseguita sempre da un medico esperto in omeopatia e non terapie fai-da te, che potrebbero non dare il successo sperato.
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